«Ad occhi chiusi, incrociando le dita e con molta paura ho detto “andiamo e speriamo di cavarcela”.»

Dopo di Liceo Linguistico Gioia di Piacenza, Marta arriva a Pavia nel 1998 per iscriversi a Medicina. Grazie agli stimoli ricevuti dall’Università e dagli incontri culturali promossi dallo stesso Collegio, decide di intraprendere la strada della ricerca. Al quarto anno, con una borsa Erasmus, si trasferisce a Parigi, presso l’Université Pierre et Marie Curie e lavorando nel prestigioso ospedale La Pitié Salpetrière. Una scelta non solo di carattere accademico, ma anche personale, ammetterà.

Tra le prime sfide


Appassionata di equitazione, non si ferma davanti agli ostacoli: il percorso avventuroso che la porta ad anteporre matrimonio e figli alla carriera passa per Parigi, rientro a Pavia per la Laurea e ripartenza per Zurigo al seguito del marito fisico. A Zurigo Marta ottiene un posto al Politecnico Federale grazie anche ad una borsa post-lauream del Collegio, vince poi una grossa borsa di studio del Fondo Nazionale Svizzero (Marie Heim Voegtlin) e consegue il PhD in Scienze Farmaceutiche lavorando su anticorpi per la cura dei tumori. Si ferma come assistente presso l’ospedale di Zollikerberg (Zurigo), ma poi decide di tornare in Italia, ancora al seguito del marito fisico rientrato in Italia con il programma del rientro dei cervelli. La famiglia si stabilisce a Firenze, dove nascono il terzo e il quarto figlio, e dal 2012 Marta è Clinical Research Physician presso Menarini Ricerche.

Oggi


Dopo l’arrivo del quarto figlio, Marta si lancia in una nuova avventura professionale: pur continuando a vivere a Firenze,  la sua sede di lavoro diventa Siena, come Chief Medical Officer in una azienda farmaceutica. L’esperienza è breve: Marta decide di dedicarsi alla sua famiglia e di programmare con cura le future scelte professionali, tenendo conto di tutte le sue competenze medico-scientifiche, gestionali, linguistiche e culturali  cresciute in questi anni.

Il suo consiglio


«Un anno intero all’estero, la tesi di laurea realizzata in collaborazione con il gruppo di ricerca francese dove avevo lavorato e, soprattutto, i buoni rapporti mantenuti nel tempo sono state ottime credenziali. Per questo consiglio a tutte le Nuovine interessate a esperienze simili di non concepire l’Erasmus come un anno ‘di respiro’, ma di sfruttare al massimo questa opportunità.» (Nuovità, n. 18, 2007)